Il Solstizio d’Inverno nelle regioni boreali è un momento magico dove il buio regna per lunghe ore sulla Terra. Dal Solstizio d’Estate le ore di luce si accorciano progressivamente fino a portare alla notte più lunga dell’anno. Più si va a nord e più le ore di buio sono numerose. In alcune zone dell’estremo nord il sole non si vede anche per un periodo lungo fino a 6 mesi, creando il fenomeno chiamato “notte polare”.
Al giorno d’oggi, con tecnologia, case calde e cibo nei supermercati sempre a disposizione, l’inverno per noi è confortevole. Ma ai tempi dei nostri antenati portava incertezza e paura, specialmente nelle zone più fredde.
Si capisce quindi perché una celebrazione come quella del Solstizio d’Inverno, dedicata al ritorno del sole, alla rinascita, fosse necessaria e benvenuta.
La notte più lunga dell’anno era chiamata “Notte delle Madri” e divenne poi, con la cristianizzazione, la vigilia di Natale, spostata quindi al 24 dicembre. Il nome deriva dal fatto che in questo periodo la Dea Madre (conosciuta con nomi diversi a seconda delle aree geografiche) attuava la sua magia di rinascita nutrendo i semi delle future piante primaverili nel suo grembo.
La maggior parte delle moderne tradizioni natalizie non solo viene dalle antiche tradizioni pagane, ma in particolare dal culto della Dea: l’utilizzo dell’agrifoglio, gli alberi di natale, il vischio, le candele e sì, anche Babbo Natale, hanno origine dalle Dee del Sole.
Sì, avete capito bene… DEE del sole! Astro che viene di solito erroneamente connesso a divinità maschili (ma questa è un’altra storia…).
Saule, la dea del sole e della luce della tradizione lituana e lettone, volava nel cielo solstiziale su una slitta trainata da una renna cornuta, ovvero femmina poiché le renne maschi perdono i loro palchi durante l’inverno. Viaggiava in compagnia del suo fabbro, che aveva forgiato una coppa d’oro in cui Saule raccoglieva le sue lacrime che si trasformavano poi in ambra. Mentre volava sui boschi, le montagne e le pianure, ella lasciava cadere queste gocce d’ambra (che ricordano i raggi del sole) e delle mele sul mondo degli umani. Era anche una dea filatrice, che filava i raggi del sole e li mandava sulla terra.
Saule governava tutte le fasi della vita: nascita, morte, rinascita, salute e benessere. Lei era il sole e conduceva la sua slitta ogni giorno nel cielo. Accoglieva anche le anime dei morti nel suo albero di mele ad Ovest.
Beiwe era la dea del sole dei Sami (o Lapponi), popolo dell’estremo nord che sopravvive in un ambiente freddo e da noi considerato inospitale grazie alle renne. Ella nutriva i Sami e le loro renne e li aiutava a mantenere la salute fisica e mentale durante i lunghi e difficili mesi invernali. Volava attraverso i cieli con sua figlia Beaivi-nieida (fanciulla del sole) su un anello composto da palchi di renna spargendo fertilità e vita sulle terre sottostanti. Durante la notte del Solstizio d’Inverno, la gente lasciava offerte di burro tiepido sulle proprie soglie per aiutarla a guadagnare energie per il suo lungo viaggio nei cieli. Beiwe, come Saule, era una dea filatrice. Filatoi e lino venivano lasciati come offerte sul suo altare.
La dea nordica Frigga (conosciuta anche come Freya) era anch’ella una dea filatrice. Sedeva al filatoio durante la notte del Solstizio filando le sorti dell’anno a venire. La celebrazione del Solstizio era (ed è tutt’oggi) chiamata Yule in molti paesi del nord Europa, che ha origine dalla parola nordica per “ruota”. Questa parola viene utilizzata anche per indicare il Natale. La ghirlanda di natale che orna le nostre porte è un adattamento proprio della ruota del fato di Frigga o Freya, che rappresenta la natura ciclica della vita.
Rozhanitza, dea dell’inverno della tradizione slava, era anche lei correlata alle renne ed al Solstizio invernale. Viene rappresentata come Dea cornuta con un palco di corna di renna sulla sua testa. Ricami bianchi e rossi venivano creati per lei durante le celebrazioni del Solstizio. Nel giorno della sua festa, il 26 dicembre, venivano cotti dei biscotti a forma di renna da regalare e da mangiare in compagnia.
Prima che nascesse il mito di Babbo Natale, con la sua slitta trainata da renne che portano tutte nomi maschili, era la renna femmina che nelle storie trainava le slitte delle dee del Sole ed era conosciuta come Madre Renna. Questo perché la renna femmina è più grossa e forte del maschio e mantiene il suo palco di corna durante l’inverno, mentre il maschio lo perde (quindi anche le renne di Babbo Natale, sempre raffigurate con maestose corna, sono in realtà femmine!).
Fin dall’inizio dell’era Neolitica, quando la Terra era molto più fredda e le renne erano più diffuse, la renna femmina era venerata, specialmente dai popoli del nord. Lei era considerata la “madre portatrice di vita”, la leader della mandria dalla quale dipendeva la sopravvivenza della gente. I clan seguivano lei e la mandria durante la migrazione per assicurarsi latte, cibo, vestiario e riparo.
Dalle Isole Britanniche alla Scandinavia, dalla Russia alla Siberia e attraverso lo stretto di Bering la renna femmina era una riverita figura spirituale associata con la fertilità, la maternità, la rigenerazione e la rinascita del sole (tema del Solstizio d’Inverno). Le sue corna adornavano santuari ed altari, venivano seppellite in rituali funebri ed indossate da sciamane e guaritrici. La sua immagine veniva incisa nella roccia, tessuta in vesti cerimoniali, forgiata in gioielli, dipinta sui tamburi e tatuata sulla pelle.
Veniva raramente rappresentata a terra e più spesso raffigurata mentre saltava o volava. Le sue corna venivano associate all’albero della vita e raffigurate con uccelli appoggiati sui suoi “rami” insieme a sole, luna e stelle.
Attraverso le terre del nord era la Madre Renna a prendere il volo nel buio del vecchio anno per portare luce e vita nell’anno nuovo.
Nelle leggende siberiane la renna prendeva il volo ogni inverno dopo aver ingerito l’Amanita muscaria, il fungo più facilmente riconoscibile da tutti: rosso con puntini bianchi. Gli sciamani assumevano anch’essi questo fungo magico e viaggiavano nelle realtà non ordinarie con le renne, alla ricerca della visione.
Per questa sua qualità di viaggiatrice tra i mondi, la renna è anche considerata animale psicopompo, ovvero che accompagna le anime dei morti nell’aldilà.
Altre leggende raccontano di come le sciamane indossassero vesti rosse a pallini bianchi e regalassero amanite alla gente, lasciandole cadere nei camini delle capanne e tende (della serie: festeggiamo selvaggiamente!).
Nonostante alcuni associno questo tradizionale vestito alle origini pagane di Babbo Natale, sembra che non si tenga conto del fatto che fossero solo le donne ad indossare vesti bianche e rosse corollate di pelo e cappelli di feltro rossi o corna di renna. Le vesti cerimoniali delle donne medicina della Siberia e Lapponia erano verdi e bianche con un cappello a punta rosso, manopole in pelo di renna e stivali con la punta arrotolata… vi ricorda qualcosa?
Considerando che la maggior parte degli sciamani della regione erano donne è probabile che il costume di Babbo Natale abbia origine proprio da loro. Ed è anche molto probabile che queste donne fossero le prime ad intraprendere viaggi sciamanici insieme alle renne nella notte più lunga dell’anno. E mentre queste donne sono oggi per lo più dimenticate, la Madre Renna vive ancora nell’immaginario collettivo, nei biglietti d’auguri di natale, nelle tipiche decorazioni e nelle fiabe sulle renne volanti di Babbo Natale. E nonostante la maggior parte delle persone non la riconoscano per quella che è, sono convinta che qualche parte profonda di noi ancora ricordi l’originale Mamma Natale che portava luce e vita nel mondo.
Per questo, durante il Solstizio d’Inverno, vi invito a prendere un momento per ricordare le antiche dee dell’inverno e le loro magiche renne. Guardate fuori dalle vostre calde e confortevoli case nel freddo e nell’oscurità della notte e, nella sacra notte della rinascita del Sole, cercate la Madre Renna volare nel cielo invernale trasportando l’albero della vita nelle sue corna.
Felice Solstizio d’Inverno!
Alice
Fonti articolo:
* Gather Victoria
* Feminism and Religion
Immagine in evidenza:
*The Reindeer Goddess di Judith Shaw